Passando dal dolce al salato, sono tantissimi i
prodotti alimentari preparati utilizzando i misteriosi “ grassi
vegetali ”. Misteriosi perché il consumatore medio ha sempre pensato che
si trattassero di grassi completamente innocui, in quanto vegetali. In
realtà, tale dicitura nascondeva la scelta astuta di molte
multinazionali del settore nel preferire al costoso olio di oliva quello
di palma o di cocco ad esempio, decisamente più
economici. Questi ultimi, nonostante siano di natura vegetale, hanno un
elevato contenuto di grassi saturi, che possono raggiungere anche il
50% nel caso dell'olio di palma derivato dai frutti e l'80% nel caso
dell'olio di palmisto, derivato dai semi. Il loro elevato contenuto di
grassi saturi non è purtroppo controbilanciato da un'adeguata presenza
di acidi grassi polinsaturi benefici, ritenuti in grado di tenere sotto
controllo i livelli del colesterolo LDL. Finalmente, dopo molte
battaglie il regolamento è entrato in vigore il 12 dicembre 2011 e verrà
adottato a partire dal 13 dicembre 2014, ad eccezione delle
disposizioni relative alla dichiarazione nutrizionale, che sono
applicabili a partire dal 13 dicembre 2016. Molte aziende hanno già
anticipato alcune norme, come ad esempio la sostituzione della parola
grassi vegetali con il nome preciso dell’olio utilizzato (colza, soia,
palma, arachide…). Tale regolamento risulta obbligatorio qualunque sia
la quantità di olio o di grasso presente in un certo alimento. A breve
al supermercato leggendo la lista degli ingredienti di una confezione di
biscotti o di grissini, non leggeremo più il generico “ oli vegetali ”,
ma il tipo di olio o di grasso che effettivamente è stato impiegato. E'
sicuramente una conquista, almeno in termini di trasparenza, nel
frattempo mi auguro che presto diventerà obbligatorio indicare anche la
presenza in un alimento, dei grassi trans o grassi idrogenati, in quanto
in alcuni Paesi lo stanno già facendo…
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