Chiamatela “ lobby ”dei ristoratori del Nord Europa, oppure chiamatela
“maledizione” dei ristoratori del Sud Europa, il problema però non
cambia e continua a sussistere. Il provvedimento del “salva-olio” non
supera l’esame. Le oliere non spariranno dalle tavole dei ristoranti
europei dal 1 gennaio 2014. Questo accadeva lo scorso giugno a
Bruxelles, ma non è la prima volta che si affronta questo caldo tema.
Non tutti sono al corrente che in Italia
esiste una legge del 2006 che, per tutelare il consumatore, proibisce
le oliere nei locali pubblici. Il motivo è quasi ovvio, a pensarci:
dentro l’oliera si possono mettere oli di qualsiasi genere e qualità.
Purtroppo però, la classica ampollina per condire l’insalata è quasi
sempre presente sulle tavole. Intanto, in mancanza di un regolamento
comunitario, alcuni Paesi si stanno muovendo così: in Portogallo la
legge “anti-rabbocco” esiste dal 2005, viene messa in atto senza
problemi e senza costi aggiuntivi, mentre la Francia ha proposto
recentemente un decreto interno. L’Italia e i tutt i Paesi che si
affacciano sul Mar Mediterraneo hanno perso questa battaglia mentre al
contrario, l’Olanda e l’Inghilterra, sono stati più abili a convincere
il Commissario europeo Dacian Cioloş a passare dalla loro parte. A volte
mi chiedo, ma cosa ne capiscono Paesi come ad esempio il Belgio, di
olive, di molitura, di frangitura o di gramolatura? Perché l’Europa non
tutela i Paesi come l’Italia, che per tradizione producono olio e,
soprattutto, probabilmente ne capiscono qualcosa? Al ristorante capita
spesso di degustare un olio con un’etichetta importante, il cui
contenuto non corrisponde a quel prodotto, in quanto rabboccato,
danneggiando così il produttore e ingannando chi lo sta utilizzando
comodamente al tavolo. Nella grande maggioranza dei ristoranti, ad
esclusione (forse) quella di alta qualità, si continua a travasare gli
oli avanzati in bottigliette o in ampolle già colmi di un altro olio,
diverso o il medesimo, originando una forma “chimerica” di olio che,
lasciatemelo dire, è il più delle volte una vera schifezza! A mischiare
un olio con uno precedente cosa succede? Succede che si ottiene un olio
rancido, con un sapore alterato. Non pretendo (anche se, sempre più
ristoranti si stanno allineando su questo punto che rappresenta
sicuramente un indice di qualità) una carta dettagliata degli oli, come
accade per il vino o per l’acqua, ma se il tappo antirabbocco o
antifrode, diventasse obbligatorio per legge, almeno per tutti gli oli
extravergini Dop, si eviterebbe di ingannare il consumatore una volta
per tutte. I ristoratori si oppongono, non tutti ovviamente, ma solo chi
è convinto che il consumatore sia stupido e che non se ne intenda di
qualità dell’olio, pensando quindi che sia inutile investire tempo e
denaro.
Una curiosa soluzione tecnologica l’ha trovata
la Guala Closures, azienda leader mondiale nella produzione di chiusure
anti contraffazione per bevande (come, ad esempio, i superalcolici) e
alimenti. Questa azienda ha recentemente messo a punto un tappo anti
rabbocco per l’olio che, secondo una classifica stilata dalla onlus
statunitense US Pharmacopeial Convention, è l’alimento che, una volta
aperta la confezione, è più suscettibile a pratiche di sofisticazione.
In parole povere, l’olio è l’alimento che è più facile trovare
adulterato. In cosa consiste questo innovativo tappo? La Guala Closures,
in linea con il decreto “salva olio”, ha messo a punto una chiusura
specifica per le bottiglie di olio d’oliva, composta da cinque pezzi
(vedi figura) che impediscono qualsiasi possibilità di contagio e di
rabbocco e quindi di frode e di truffa ai danni dei consumatore. Il
sigillo anti manomissione e il sistema di valvole che impediscono il
rabbocco, tutto brevettato dall’azienda, permettono di verificare subito
l’integrità del packaging durante l’acquisto. Al momento rimane un po’
un’utopia, in quanto i piccoli e medio-grandi frantoi dovrebbero munirsi
di una tappatrice apposita e dovrebbero acquistare delle bottiglie
studiate proprio per permettere l’aggancio del tappo.
Tutto questo si tradurrebbe in un costo decisamente maggiore.
Desideravo concludere sottolineando che è anche un problema culturale, è
che non si sta attribuendo l’importanza giusta che l’olio meriterebbe,
nonostante sia considerato il “ Re “ della dieta mediterranea. Non si
dovrebbe paragonare l’olio ad un banale condimento ma, bensì e
nonostante se ne utilizzi di meno, come un vero e proprio ingrediente,
ad azione non curativa ma preventiva, una sorta di “ functional food ”,
un cibo funzionale per la salute ed il benessere dell’organismo.
Se, sedendovi al tavolo di un ristorante, notate una bottiglietta di
olio unta e bisunta, sicuramente ha subito uno o più rabbocchi, quindi
attenzione!
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