tag:blogger.com,1999:blog-1763363401663655722024-03-19T05:08:34.268-07:00NutrizionismiSara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.comBlogger143125tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-84889189837246181622014-02-10T12:45:00.001-08:002014-02-10T12:45:07.884-08:00<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><b>D'ORA IN AVANTI MI TROVATE SUL MIO NUOVO SITO <a href="http://www.nutrizionismi.it/">www.nutrizionismi.it </a> </b></span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><b> VI ASPETTO !</b></span></div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-55032192858726686032014-01-15T07:26:00.002-08:002014-01-15T07:26:45.139-08:00DOVE SONO ANDATI A FINIRE I 615mila MAIALI IN ITALIA? <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkFJrc2zkkHYw46xg7IqgJ_B__Pa75y7RTEky-Q0v4oFJUE-nu0nRceDMKFJpfvbML4gXutlgGUdZEl4SlJeDle48dlZBf-61MLvRJB2oc7h21IGTfzzEmVsGcI-MYZ1Jf-5jq-C_1PpA/s1600/maiale.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkFJrc2zkkHYw46xg7IqgJ_B__Pa75y7RTEky-Q0v4oFJUE-nu0nRceDMKFJpfvbML4gXutlgGUdZEl4SlJeDle48dlZBf-61MLvRJB2oc7h21IGTfzzEmVsGcI-MYZ1Jf-5jq-C_1PpA/s1600/maiale.jpg" /></a></div>
<br />
<span class="userContent">Nell’ultimo anno sono scomparsi in Italia 615mila maiali, colpa delle
importazioni di carne dall’estero per realizzare falsi salumi italiani
di bassa qualità, con il concreto rischio di estinzione per i prelibati
prodotti nazionali: dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma, la
cui produzione è calata del 10 % dall’inizio della crisi nel 2008. La
Coldiretti scende in campo e lancia l’allarme sul futuro di uno d<span class="text_exposed_show">ei
settori di punta della produzione agroalimentare nazionale dove trovano
occupazione 105mila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e
distribuzione, ora in pericolo.<br /> <br /> La chiusura forzata degli
allevamenti è stata causata dall’impossibilità di coprire i costi di
produzione per i bassi prezzi provocati dalle importazioni dall’estero
di carne “ di bassa qualita’ “ per ottenere prosciutti da “spacciare”
come Made in Italy per la mancanza dell'obbligo di indicare in modo
chiaro in etichetta la provenienza. In Italia due prosciutti su tre oggi
provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e
Spagna senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta. Il
consumatore pensa di magiare esclusivamente prosciutto di maiali
allevati in Italia proprio per colpa di una mancata trasparenza di
etichettatura. Un inganno per i consumatori e un danno per gli
allevatori italiani impegnati a rispettare rigidi disciplinari di
produzione per realizzare carne di altissima qualità che da mesi non
viene neanche piu’ quotata.</span></span>Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-1632752180600815082014-01-03T12:26:00.002-08:002014-01-03T12:27:34.559-08:00POLVERI PER FARE IL VINO A CASA IN POCHI MINUTIKit a base di mosto per produrre “ in casa propria ”
alcuni vini tipici italiani come il Chianti o il Merlot.<b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;"> Affrontai questo caldo
argomento già tempo fa ma </span></b>questa frode, diffusa e tollerata in
diversi Paesi europei, sta dilagando a macchia d’olio.
<br />
<div style="line-height: 150%;">
<b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">Il Regno Unito</span></b> è forse il Paese UE che si distingue per
la diffusione di questo tipo di kit che usurpano i nomi di vini italiani
protetti dalla legislazione comunitaria. Cosa si potrebbe fare per
ostacolare tutto ciò? Innanzitutto,<b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;"> i Consorzi di tutela</span></b> potrebbero
fare qualcosa di più per difendere le denominazioni usurpate, e poi le autorità
dei Paesi membri hanno la responsabilità di proteggere i loro consumatori dalle
frodi, ma anche di garantire il rispetto delle indicazioni geografiche protette
(IGP) dall’UE. La
Commissione europea ha l’onere di tutelare nei contesti
internazionali (es. USA, Canada).</div>
<div style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div style="line-height: 150%;">
Di seguito riporto la foto di uno di questi kit per
fare il vino che ho trovato in un supermercato a Londra. Con meno di 30 euro è
possibile preparare diversi litri di vino. Prima erano solo i siti on line, ora
è possibile trovarli e acquistarli comodamente nei negozi. </div>
<div style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3MTA8M2c2XzQpgimybKZY1DmoNJNnECDo4UtGl6YSw7_TR_Eq8t_odDXL9L7xMGC8ahhtKv8V49dr0oC-n36dy0iKXyy3nie4Ko3UY6hsdX-UbzGg8WOSvlh_abhMA71SUZEpUVfy94o/s1600/KIT+PE+RFARE+IL+VINO+1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3MTA8M2c2XzQpgimybKZY1DmoNJNnECDo4UtGl6YSw7_TR_Eq8t_odDXL9L7xMGC8ahhtKv8V49dr0oC-n36dy0iKXyy3nie4Ko3UY6hsdX-UbzGg8WOSvlh_abhMA71SUZEpUVfy94o/s320/KIT+PE+RFARE+IL+VINO+1.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kit per fare il vino</td></tr>
</tbody></table>
<div style="line-height: 150%; text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVTCVA5pYuyNvIWl3Rcv5cTsNyQY31KnB_9qFEkbdohX9uyyND8wG34ahg7q7zx3sTd0g0xHhHy-s6qbqPtyCZqQORgzASnAEX0XKuPjqGc5PP3X39KZH8t_6cWfYycNKYi8YmKrb7EFM/s1600/KIT+PER+FARE+IL+VINO+2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVTCVA5pYuyNvIWl3Rcv5cTsNyQY31KnB_9qFEkbdohX9uyyND8wG34ahg7q7zx3sTd0g0xHhHy-s6qbqPtyCZqQORgzASnAEX0XKuPjqGc5PP3X39KZH8t_6cWfYycNKYi8YmKrb7EFM/s320/KIT+PER+FARE+IL+VINO+2.jpg" width="180" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kit per fare il vino</td></tr>
</tbody></table>
<div style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div style="line-height: 150%;">
Triste anzi tristissimo, ma questo è ciò che sta
accadendo.</div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-21798694923385423212014-01-01T09:27:00.001-08:002014-01-01T09:43:06.438-08:00UN TELECOMANDO CHE SCOPRE GLI INGREDIENTI NASCOSTI<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]-->
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Questo innovativo strumento è in
grado di identificare gli ingredienti nascosti di ogni alimento rendendo la
vita un po’ più semplice per chi soffre di allergie alimentari. Si chiama <b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">TellSpec </span></b>ed
è uno <b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">spettrometro</span></b>
in grado di rilevare le componenti esatte di qualsiasi cibo. Versatile da usare,
questa specie di telecomando tascabile, funziona grazie a un laser che, puntato
sul prodotto in questione, riesce a classificare i fotoni a seconda della
lunghezza d’onda e a determinare i composti chimici contenuti nel prodotto. Naturalmente
tutte le <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>informazioni rilevate dal
telecomando sono poi inviate ad un app smartphone che le rende leggibili
all’utente. Di chi è questa idea geniale? Del manager<b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;"> Isabel Hoffmann</span></b>
e del matematico <b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">Stephen Watson</span></b>, un’idea tutta canadese. TellSpec si
presenta come uno strumento potenzialmente molto utile per chi soffre di <b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">allergie alimentari</span></b>,
permettendo un’analisi del cibo accurata e, potrebbe addirittura aiutare a
individuare le intolleranze. “L’<b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">app </span></b>consente inoltre di annotare i
sintomi quando si hanno delle reazioni avverse dopo aver mangiato qualcosa.
Tenendo monitorati gli <b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">ingredienti</span></b> dei alimenti che introduciamo, sarà più
semplice individuare quelli a cui siamo più sensibili.” Racconta Isabel
Hoffmann.</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgRZPUYKPutGmT0MD_MJSLrMERK2qT-3gpAP9Gqmdlj8mVHyOL8RQgCqGmBoUxUl6FXcS3OMMtR8rD1R2S0neTZJ0llZd_Tu8g55zXJiq8y22-QILQtQAU606Nv_sQvSuQQwYEImPaPVk/s1600/Telecomando+dei+cibi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgRZPUYKPutGmT0MD_MJSLrMERK2qT-3gpAP9Gqmdlj8mVHyOL8RQgCqGmBoUxUl6FXcS3OMMtR8rD1R2S0neTZJ0llZd_Tu8g55zXJiq8y22-QILQtQAU606Nv_sQvSuQQwYEImPaPVk/s320/Telecomando+dei+cibi.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
L’idea è innovativa, ma in termini di costi se uno desiderasse
acquistarlo? Quelli sono ancora in fase di sperimentazione e topo secret. Staremo
a vedere! </div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><!--[if gte mso 10]>
<style>
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:"Tabella normale";
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:"";
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:"Times New Roman";
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}
</style>
<![endif]-->Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-8826567878229704552013-12-22T05:52:00.001-08:002013-12-22T05:52:56.550-08:00TAPPO ANTI - RABBOCCO PER L'EXTRAVERGINE DI OLIVA<span class="userContent">Chiamatela “ lobby ”dei ristoratori del Nord Europa, oppure chiamatela
“maledizione” dei ristoratori del Sud Europa, il problema però non
cambia e continua a sussistere. Il provvedimento del “salva-olio” non
supera l’esame. Le oliere non spariranno dalle tavole dei ristoranti
europei dal 1 gennaio 2014. Questo accadeva lo scorso giugno a
Bruxelles, ma non è la prima volta che si affronta questo caldo tema.
Non tutti sono al c<span class="text_exposed_show">orrente che in Italia
esiste una legge del 2006 che, per tutelare il consumatore, proibisce
le oliere nei locali pubblici. Il motivo è quasi ovvio, a pensarci:
dentro l’oliera si possono mettere oli di qualsiasi genere e qualità.
Purtroppo però, la classica ampollina per condire l’insalata è quasi
sempre presente sulle tavole. Intanto, in mancanza di un regolamento
comunitario, alcuni Paesi si stanno muovendo così: in Portogallo la
legge “anti-rabbocco” esiste dal 2005, viene messa in atto senza
problemi e senza costi aggiuntivi, mentre la Francia ha proposto
recentemente un decreto interno. L’Italia e i tutt i Paesi che si
affacciano sul Mar Mediterraneo hanno perso questa battaglia mentre al
contrario, l’Olanda e l’Inghilterra, sono stati più abili a convincere
il Commissario europeo Dacian Cioloş a passare dalla loro parte. A volte
mi chiedo, ma cosa ne capiscono Paesi come ad esempio il Belgio, di
olive, di molitura, di frangitura o di gramolatura? Perché l’Europa non
tutela i Paesi come l’Italia, che per tradizione producono olio e,
soprattutto, probabilmente ne capiscono qualcosa? Al ristorante capita
spesso di degustare un olio con un’etichetta importante, il cui
contenuto non corrisponde a quel prodotto, in quanto rabboccato,
danneggiando così il produttore e ingannando chi lo sta utilizzando
comodamente al tavolo. Nella grande maggioranza dei ristoranti, ad
esclusione (forse) quella di alta qualità, si continua a travasare gli
oli avanzati in bottigliette o in ampolle già colmi di un altro olio,
diverso o il medesimo, originando una forma “chimerica” di olio che,
lasciatemelo dire, è il più delle volte una vera schifezza! A mischiare
un olio con uno precedente cosa succede? Succede che si ottiene un olio
rancido, con un sapore alterato. Non pretendo (anche se, sempre più
ristoranti si stanno allineando su questo punto che rappresenta
sicuramente un indice di qualità) una carta dettagliata degli oli, come
accade per il vino o per l’acqua, ma se il tappo antirabbocco o
antifrode, diventasse obbligatorio per legge, almeno per tutti gli oli
extravergini Dop, si eviterebbe di ingannare il consumatore una volta
per tutte. I ristoratori si oppongono, non tutti ovviamente, ma solo chi
è convinto che il consumatore sia stupido e che non se ne intenda di
qualità dell’olio, pensando quindi che sia inutile investire tempo e
denaro.
<br /> <br /> Una curiosa soluzione tecnologica l’ha trovata
la Guala Closures, azienda leader mondiale nella produzione di chiusure
anti contraffazione per bevande (come, ad esempio, i superalcolici) e
alimenti. Questa azienda ha recentemente messo a punto un tappo anti
rabbocco per l’olio che, secondo una classifica stilata dalla onlus
statunitense US Pharmacopeial Convention, è l’alimento che, una volta
aperta la confezione, è più suscettibile a pratiche di sofisticazione.
In parole povere, l’olio è l’alimento che è più facile trovare
adulterato. In cosa consiste questo innovativo tappo? La Guala Closures,
in linea con il decreto “salva olio”, ha messo a punto una chiusura
specifica per le bottiglie di olio d’oliva, composta da cinque pezzi
(vedi figura) che impediscono qualsiasi possibilità di contagio e di
rabbocco e quindi di frode e di truffa ai danni dei consumatore. Il
sigillo anti manomissione e il sistema di valvole che impediscono il
rabbocco, tutto brevettato dall’azienda, permettono di verificare subito
l’integrità del packaging durante l’acquisto. Al momento rimane un po’
un’utopia, in quanto i piccoli e medio-grandi frantoi dovrebbero munirsi
di una tappatrice apposita e dovrebbero acquistare delle bottiglie
studiate proprio per permettere l’aggancio del tappo. <br /> Tutto questo si tradurrebbe in un costo decisamente maggiore. </span></span><br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show"></span></span><br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show"></span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGP_zqaPDObieO1JaZWRXbMTm-5TDBVmqihtjW4LhTD68Lsv4CDCnJwc9qOzow4qyaQMpRB-MdtFaNwZmrFzltq3oWetaX2Ip8ayxg5I-bjcF9dQZpFCxjmrc66b8a1jrek_DB0ZIhOSI/s1600/tappo+antirabbocco+della+Guala+Closures+figura+2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGP_zqaPDObieO1JaZWRXbMTm-5TDBVmqihtjW4LhTD68Lsv4CDCnJwc9qOzow4qyaQMpRB-MdtFaNwZmrFzltq3oWetaX2Ip8ayxg5I-bjcF9dQZpFCxjmrc66b8a1jrek_DB0ZIhOSI/s320/tappo+antirabbocco+della+Guala+Closures+figura+2.jpg" width="216" /></a></div>
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show"><br />
Desideravo concludere sottolineando che è anche un problema culturale, è
che non si sta attribuendo l’importanza giusta che l’olio meriterebbe,
nonostante sia considerato il “ Re “ della dieta mediterranea. Non si
dovrebbe paragonare l’olio ad un banale condimento ma, bensì e
nonostante se ne utilizzi di meno, come un vero e proprio ingrediente,
ad azione non curativa ma preventiva, una sorta di “ functional food ”,
un cibo funzionale per la salute ed il benessere dell’organismo. <br /> <br />
Se, sedendovi al tavolo di un ristorante, notate una bottiglietta di
olio unta e bisunta, sicuramente ha subito uno o più rabbocchi, quindi
attenzione!</span></span>Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-45607141357140393782013-12-08T05:27:00.002-08:002013-12-08T05:28:44.469-08:00DIABULIMIA: LA NUOVA MODA PER PERDERE PESOLa diabulimia, deriva dall’unione
delle parole bulimia e diabete, è un fenomeno sempre più in ascesa, in cui le
donne affette da diabete smettono di assumere l’insulina per dimagrire. I
malati di <b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">diabete
di tipo 1</span></b> per sopravvivere devono ricorrere alle iniezioni di
questo ormone, prodotto dal pancreas. Ciò porta, in alcuni casi, ad un aumento
di peso, in quanto l’insulina è una sostanza che stimola la formazione e
l’accumulo di grasso (lipogenesi). Quando un diabetico non assume l’insulina,
il suo livello di <b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">glucosio</span></b> (zucchero) nel sangue aumenta, senza che possa
essere convertito in glicogeno e fornire l’energia necessaria. Il glucosio
viene quindi eliminato attraverso le urine, e le calorie in esso contenute non vengono
utilizzate.<br />
<br />
<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYDIPXkoxImgg6RkINFVYo8uOjl5mpF1gKTd5v6PQZ6WwTFTsC1FmYkvOmM2NQ1-ysqZ89eM3Iw6I1EgxFGRsMbcchyphenhyphenMfroeUnbHzNGBnVxAh4R7-9VgY9rdciSjLQ637vGyOPy6_aTc0/s1600/diabulimia.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYDIPXkoxImgg6RkINFVYo8uOjl5mpF1gKTd5v6PQZ6WwTFTsC1FmYkvOmM2NQ1-ysqZ89eM3Iw6I1EgxFGRsMbcchyphenhyphenMfroeUnbHzNGBnVxAh4R7-9VgY9rdciSjLQ637vGyOPy6_aTc0/s1600/diabulimia.jpeg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto presa dal web</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Chi sono le persone più a rischio? sicuramente
le donne, che non accettano i lori difetti e qualche centimetro di grasso in
più del normale. Negli Stati Uniti sta dilagando a macchia d’olio e, secondo il
gruppo di supporto <i>Diabulemia Helpline</i> oltre il 40% delle donne
diabetiche di età compresa tra 15 e i 30 anni modifica o addirittura elimina le
dosi di insulina necessarie con conseguenze catastrofiche. Senza gli zuccheri il
corpo inizia a rompere le molecole di grasso e le proteine, conducendo alla
formazione dei famigerati <b><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">chetoni</span></b>, composti tossici per l’organismo. Le complicanze
vanno dall’insufficienza renale, alla cecità alla morte.</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Dopo il boom della pasta senza
glutine per dimagrire, nonostante non si sia celiaci, ora anche questa inquietante
abitudine, che può costare la vita di una persona. </div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
NON FATE SCIOCCHEZZE.</div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-73929244308457263872013-11-25T12:38:00.001-08:002013-11-25T12:38:21.621-08:00L’AMARA SENTENZA SUGLI “ AMARI DIGESTIVI ”<span class="userContent">E’ molto raro recarsi in un Paese estero e,
dopo un pasto, chiedere un amaro digestivo. Contrariamente, in
territorio italiano è quasi un “ must ” ricorrere ad un qualcosa da
sorseggiare per concludere, magari, una sfiziosa cenetta. E’ parte
integrante della nostra tradizione, è godurioso e da sempre ci propinano
l’idea che l’amaro a fine pasto ci aiuti nella digestione. Proprio con
questa scusa, circolano tanti luoghi comuni. Comi<span class="text_exposed_show">ncio
con una sorpresa, al contrario di quanto si pensi comunemente, l’idea
che l’amaro aiuti la digestione è soltanto un’illusione. Fermi tutti!
Prima di attaccarmi, non intendo dire che è un prodotto alimentare di
serie B, anzi, è mia abitudine quando sono in compagnia gustare un
bicchierino di un ottimo amaro digestivo, perché è gradevole, è
piacevole, è appagante e distende i nervi. Potrei attribuirgli numerosi
appellativi positivi, ma non che sia un coadiuvante della digestione e,
quindi, da assumere dopo il caffè.<br /> Ma cosa sono davvero gli amari
digestivi? Sono degli infusi di diverse tipologie di erbe in alcool. Si
utilizzano piante o radici come achillea moscata, semi di anice, menta
piperita, bacche di ginepro, genziana, assenzio, rabarbaro e spezie
quali cannella, zafferano, chiodi di garofano oppure cortecce o bucce di
agrumi. Il tutto è triturato e messo a macerare in una soluzione
alcoolica o idroalcoolica per estrarre le varie essenze, successivamente
filtrato, e infine mescolato con il caramello. Il segreto che
caratterizza ogni ricetta sta proprio nel tempo di macerazione dei vari
ingredienti. <br /> Tra le tante etichette, ve ne sono alcune che godono
di fama internazionale. Attualmente, ogni regione italiana ha il suo
amaro tipico in base alle erbe, alle piante e agli alberi che crescono
in zona. Anche se la produzione si è pian piano spostata dai frati e dai
monasteri alle industrie, esistono amari in cui avviene una macerazione
in alcool di oltre 40 erbe e un affinamento in botti di rovere per
oltre un anno. <br /> Ma senza andare fuori tema, vi siete mai chiesti
cosa rende gli amari digestivi? Saranno davvero le erbe utilizzate ad
azione distensiva e stimolante? Secondo voi è corretto sottolineare
sulla confezione le loro proprietà digestive? (vedi foto, con la marca
nascosta). Ne abbiamo proprio la certezza assoluta? Se da un lato si ha
una sensazione di leggero bruciore che si avverte nello stomaco (il
gusto amaro delle erbe, infatti, stimola le papille gustative e aumenta
la secrezione di saliva e di succhi gastrici, dandoci l’impressione che
stiamo digerendo meglio) dall’altro lato l’alta gradazione alcoolica (la
maggior parte degli amari si aggira intorno ai 30-35°) irrita le pareti
dello stomaco e può rallentarne lo svuotamento. Inoltre, molti di loro
contengono parecchio zucchero, quindi anche se ci sembra di aver
“digerito” il nostro pasto, in realtà non abbiamo fatto altro che
aggiungere calorie a quelle già assunte.<br /> Ci sono poi delle aziende
che ingannano il consumatore, ho trovato addirittura alcuni amari che
dichiarano di non avere nessuna gradazione alcoolica e di essere solo a
base di estratti di erbe, ma spesso il processo fermentativo delle
stesse erbe produce un minimo di gradazione alcoolica, quindi
attenzione! L’unico amaro che mi viene in mente, del quale ne è stata
accertata la garanzia medicinale ed è quindi venduto in farmacia, è
l’Amaro Medicinale Giuliani, con solo il 7% di gradazione alcoolica e
con estratti di rabarbaro, genziana, più altre erbe.</span></span><br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHlXzYAU-I55cZmXIdPRxSmKswO-__-E7sq8U3GJVTZ7pU11jt8K8L54j24H5YPRsr3yipg7geAJAV-gn52GJPDOwuK0bd4v1isomIpM1lw1k-4N78F99MhoEE4g_QqgZ00gEPyAeyi3Q/s1600/foto+amaro+Limonc%C3%A8..JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHlXzYAU-I55cZmXIdPRxSmKswO-__-E7sq8U3GJVTZ7pU11jt8K8L54j24H5YPRsr3yipg7geAJAV-gn52GJPDOwuK0bd4v1isomIpM1lw1k-4N78F99MhoEE4g_QqgZ00gEPyAeyi3Q/s320/foto+amaro+Limonc%C3%A8..JPG" width="274" /></a></div>
<br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show"><br /> Se proprio
dovessi attribuire delle proprietà digestive, pur non contenendo delle
erbe medicinali, le affiderei sicuramente ad un vino a bassa gradazione
alcoolica (10-14°), che può favorire la digestione perché l’alcool, se
assunto a piccole dosi durante un pasto, stimola una minima secrezione
gastrica. Tuttavia, se non ricordo male la Corte di giustizia
dell’Unione Europea (Cgue) ha emesso una sentenza il 6 settembre 2012,
in cui un vino non può essere “ facilmente digeribile ”. La controversia
era nata tra Deutsches Weintor, una cooperativa viticola tedesca, e
Land Rheinland-Pfalz, cioè l’organo che controlla la commercializzazione
delle bevande alcooliche nel Land Renania-Palatinato. Ciò che si
contestava all’azienda era la dicitura sull’etichetta «facilmente
digeribile» in virtù del ridotto tenore di acidità.<br /> <br /> A stomaco
vuoto l’etanolo è ancora più dannoso per l’organismo perché la mucosa
gastrica non è protetta dal cibo ed è dunque più vulnerabile. Ecco
perché il miglior momento per bere un amaro, ad alta gradazione
alcoolica, è al termine del pasto più abbondante della giornata o,
comunque, alla sera. Fate poi attenzione, leggendo la lista degli
ingredienti sull’etichetta, al colorante aggiunto: in alcuni casi è
possibile trovare l’E 150, il caramello che conferisce un colore che va
dal bruno al nero, ottenuto mediante riscaldamento secco e bruciatura di
zuccheri in presenza di alcali, ammoniaca, solfiti o di qualsiasi
combinazioni di questi composti. Finche leggete la presenza dell’ E 150 A
o B diciamo che è ok, invece se sono presenti l’E 150 C o D iniziate a
preoccuparvi, la normativa europea ha anche fissato per quest’ultimi
delle dosi giornaliere accettabili (DGA), proprio per l’ipotesi di
alcuni effetti cancerogeni per l’uomo. <br /> Arriviamo ora al giro di boa
e al tasto dolente: l’apporto calorico. Un bicchiere di amaro da 30 ml
contiene 55 calorie (5 arrivano dagli zuccheri, introdotti per
“correggere” il gusto amaro delle erbe, le altre 50 dall’alcool). La
prima cosa che verrebbe da dire è: “ chi ha problemi di linea, dunque,
farebbe meglio a evitare gli amari ”. Sfatiamo questo luogo comune,
ribadendo per l’ennesima volta che è la dose/quantità che rende qualcosa
dannoso per l’organismo. Un altro importante aspetto da non
sottovalutare è che, nonostante la tradizione comune voglia le cose
naturali e preparate in casa più salutari rispetto a quelle prodotte
industrialmente, l’amaro rappresenta una delle eccezioni. Infatti, per
le produzioni industriali difficilmente si utilizzano i veri estratti
delle piante ottenuti per infusione, ma semplicemente degli aromi
naturali che a primo acchito potrebbero sembrare di qualità inferiore,
ma in realtà sono più stabili e si mantengono inalterati nel tempo. Le
erbe unite all’alcool, rischiano di alterarsi e diventare anche tossiche
con il passare del tempo, in quanto continuano a fermentare senza
nessun controllo.<br /> Desidero concludere con una frase che ha destato
la mia attenzione leggendo il Libro “ Vini d’Italia” di Luigi Veronelli:
“ l’amaro dovrebbe essere preso secco o in alternativa alternato con
acqua ghiacciata in quanto deve essere prima accarezzato con lo sguardo,
poi con le labbra ed infine con la lingua, senza fretta, in piccoli
sorsi, come se fosse qualcosa di raro e prezioso che una rapida sorsata
potrebbe distruggere ”.<br /> <br /> Nulla di più corretto.</span></span>Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-54149260476055390072013-11-10T13:47:00.001-08:002013-11-10T13:47:11.148-08:00DECALOGO DI SOLIDARIETA' PER CHI DECIDE DI INCOMINCIARE UNA DIETA DIMAGRANTE:<span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">1- non credete a chi vi dice di avere perso 10 kg in 1 mese, soffre sicuramente di megalomania<br /> 2- ripetetevi tutte le mattine " c'è la farò ", nonostante nessuno vi credi, neppure il vostro cane o gatto<br /> 3- se superate la prima settimana allora siete già a 1/50 dell'opera, forza!<br /> 4- se il vostro coniuge vi mangiucchia patatine e<span class="text_exposed_show"> cioccolatini di fronte, minacciatelo che appena perdete peso le metterete le corna<br />
5- se vi sognate certi cibi goduriosi solo di notte, accendete la luce e
iniziate a leggere un bel libro di ricette di cucina con delle
invitanti foto in formato A4<br /> 6- se dopo due settimane di dieta
frustrante, la lancetta della bilancia non si è mossa, allora andate a
pesarvi in alta quota, peserete di meno<br /> 7- se cercate ossessivamente
del cibo, la dieta non funziona, è troppo drastica, quindi contattate
il vostro specialista e fatevi ridare i soldi (il paziente ha sempre
ragione)<br /> 8- il sabato sera vi meritate una buona pizza evviva! però solo quella margherita e senza il bordo<br /> 9- non abbiate mai timore dei grassi, sono delle semplici bollicine gialle pronte per essere scoppiate<br />
10- siete giunti al traguardo, avete raggiunto il vostro peso forma
finalmente! bene, ora sedetevi con una bella camomilla non zuccherata e
fate il bilancio economico di tutte le visite effettuate!</span></span><span class="text_exposed_show"><span class="userContentSecondary fcg"></span></span>Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-66500259523024095362013-11-06T04:27:00.000-08:002013-11-06T04:27:50.603-08:00I SOLITI PROBLEMI DELLA PASSATA DI POMODORO<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><br />
<span class="usercontent">Fresca fresca, come la passata di pomodoro, è la
notizia che mi hanno appena segnalato: </span><br />
<br />
<span class="usercontent">“ è stata recentemente ritrovata una vecchia varietà
locale di pomodori (Pera d'Abruzzo - vedi foto presa dal web), e una ditta
produttrice l'ha indicata sulla confezione di passata. Ma, il Servizio
Repressione Frodi notandola ha subito fatto osservazione asserendo che non può
indicare la varietà perché non è possibile controllare la provenien</span><span class="textexposedshow">za ”.</span><br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhblfVejIzXXsxljQYh_DEFNJ6-3XbbmbrF5Be3lnkn0kx2LMrrIImRLUp5MXQKZo7Tz-6MnfnhcjRN1z1RrWJR2_Ynz92cC7ghwOrYgbjhQ3S6nFBj1uGbMTI9v9-USQS4iW_Oil7jclM/s1600/8c095cf891831fa57f88ea8c54c859ce.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="241" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhblfVejIzXXsxljQYh_DEFNJ6-3XbbmbrF5Be3lnkn0kx2LMrrIImRLUp5MXQKZo7Tz-6MnfnhcjRN1z1RrWJR2_Ynz92cC7ghwOrYgbjhQ3S6nFBj1uGbMTI9v9-USQS4iW_Oil7jclM/s320/8c095cf891831fa57f88ea8c54c859ce.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<span class="textexposedshow">Cerchiamo assieme ti comprendere il perché di
questa negazione, io sapevo che dal 15 giugno 2006 c’è l’obbligo di porre in
etichetta il luogo di coltivazione, non sussiste invece alcun obbligo di
specificare la varietà di pomodori utilizzati per fare la passata. Però ciò non
toglie che se uno la indica ci siano dei divieti. Allora, l’unica ipotesi
plausibile che viene in mente sul perché alla ditta non è stata fatta questa
concessione, è forse da attribuire al fatto che la varietà è appena stata “
riscoperta ” e quindi non ancora registrata in qualche maniera.</span><br />
<br />
<span class="textexposedshow">Aspetto un vostro riscontro in merito, pur restando
basita da ciò!</span>Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-11664973395086333732013-11-05T12:15:00.001-08:002013-11-05T12:17:03.414-08:00IL BUSINESS DELLE PIZZE SURGELATE<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]-->Premetto subito, e metto entrambe
le mani avanti, dicendo che non è mia intenzione fare un confronto tra la pizza
preparata con amore e dedizione dal pizzaiolo, e quella surgelata (<span style="background-color: white;"><span style="background-attachment: scroll; background-clip: border-box; background-image: none; background-origin: padding-box; background-position: 0% 0%; background-repeat: repeat; background-size: auto auto;">foto 1</span>)</span>, pronta,
impacchettata e veloce da scaldare. Non ci sarebbe alcun confronto ovviamente.
La mia vuole semplicemente essere un’analisi un po’ più approfondita riguardo
le pizze surgelate, sempre più apprezzate dai single, da chi vive costantemente
come una vittima dello stress quotidiano, senza avere il tempo di cucinarsi
qualcosa, e anche da chi non ama apprezzare la buona cucina in generale (purtroppo
esistono), dandole poca importanza.
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Nonostante la consideri una “brutta
copia” di quella tradizionale, il mercato delle pizze surgelate non conosce
crisi. La maggior parte delle persone le acquista in tutte le sue varianti (<i><span style="font-style: normal; mso-bidi-font-style: italic;">con verdure</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;">, </i><i><span style="font-style: normal; mso-bidi-font-style: italic;">con prosciutto</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;">, </i><i><span style="font-style: normal; mso-bidi-font-style: italic;">ai
quattro formaggi</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;">, </i><i><span style="font-style: normal; mso-bidi-font-style: italic;">capricciosa</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;">, </i><i><span style="font-style: normal; mso-bidi-font-style: italic;">con salame</span></i>), pensando che siano meno
caloriche delle altre, oppure perché sono comode e sbrigative. Pochi effettivamente
le mangiano affermando che sono buone o sono migliori al palato rispetto a
quelle tradizionali cotte al forno a legna. </div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEin7esex9axJjOJ4BFEAs-Hz7mblGaXwGX-oiNLocznw1dOQeGXFnBkkM7dAT6DgZhBC050AF202HRgdZinwJdgw36rLOYSVW6Awz0wAefPY676-LQQ1d_jT_j-qQQe-SgVK6eI5wKSfEI/s1600/foto+1+pizza+surgelata.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEin7esex9axJjOJ4BFEAs-Hz7mblGaXwGX-oiNLocznw1dOQeGXFnBkkM7dAT6DgZhBC050AF202HRgdZinwJdgw36rLOYSVW6Awz0wAefPY676-LQQ1d_jT_j-qQQe-SgVK6eI5wKSfEI/s320/foto+1+pizza+surgelata.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 1</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Mi è anche capitato di sentire
gente che si vergognasse nell’affermare di concedersi, per mancanza di tempo,
una pizza surgelata un paio di volte alla settimana, eppure questo business non
sembra vacillare. Sono onesta, in passato anche alla sottoscritta è capitato
diverse volte di infilare di “nascosto” dei cartoni di pizze surgelate nel
carrello, il frigo piangeva e quindi rimaneva l’unica soluzione. Bisogna anche
fare i conti con il portafoglio, queste pizze sono pratiche e spesso vengono
vendute a prezzi decisamente ridotti che impossibile è non infilarle nella
borsa della spesa. Ma di cosa sono fatte? Proviamo ad analizzare assieme gli
ingredienti contenuti, stilando una sorta di vademecum che possa aiutare il
consumatore medio in una scelta consapevole. </div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Per scegliere una buona pizza
surgelata, si deve partire dalla <i><span style="font-style: normal; mso-bidi-font-style: italic;">genuinità delle materie prime</span></i> con assenza di additivi sospetti
come il glutammato monosodico (usare un esaltatore di sapidità per un prodotto
che vuole essere genuino è quanto mai contraddittorio), la margarina e i grassi
vegetali idrogenati; gli oli e grassi vegetali generici, non specificati sono
totalmente penalizzanti. Sottolineo che l’autentica pizza è quella preparata
con il solo olio di oliva extravergine, il “ re ” della dieta mediterranea. Una
volta individuata l’assenza di questi ingredienti, come secondo parametro
bisogna considerare l'<i><span style="font-style: normal; mso-bidi-font-style: italic;">apporto calorico</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;">, </i>per
chi non ha problemi di restrizione calorica è accettabile se<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>inferiore a 240 kcal/100 g,
considerando che la pezzatura minima è di circa 300 g, l’apporto totale
dovrebbe aggirarsi attorno alle 600-700 kcal minimo. E come la mettiamo con il
quantitativo di sale? Se leggendo l’etichetta nutrizionale, notiamo che la
quantità di sodio è uguale o superiore a 0.5 gr per 100 gr di prodotto, allora
significa che c’è sicuramente troppo sale. E’ il sodio che, a dosi elevate fa
male alla salute, aumentando la pressione sanguigna.<br />
Ultimamente il panorama delle pizze surgelate è migliorato leggermente dal
punto di vista della qualità, in quanto si comincia ad apprezzare lo sforzo di
alcune Case di sostituire gli oli vegetali generici con quelli di qualità più
elevata, anche se l'uso esclusivo di olio di oliva è tuttora una rarità. In
alcune proposte, accanto all'olio di oliva, viene contemporaneamente impiegato
anche l’olio di girasole (<span style="background-color: white;"><span style="background-attachment: scroll; background-clip: border-box; background-image: none; background-origin: padding-box; background-position: 0% 0%; background-repeat: repeat; background-size: auto auto;">foto
2)</span></span>; nei casi peggiori, tuttavia, l'olio di oliva è aggiunto a oli
vegetali non esplicitati, penalizzando il prodotto. </div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9SxNeL3egVRsPjK7WJByvnTWe07n3mWNZ7ZmmH4Zb_5B-aX367jT3CxqDIzc8JVWlKsabczbDMlwVRN0dOKuLR7BZUj4NGsZOxYPGORsRaxv-11jsAaacOKyzlxfJSK5BFZs486ltNOg/s1600/foto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9SxNeL3egVRsPjK7WJByvnTWe07n3mWNZ7ZmmH4Zb_5B-aX367jT3CxqDIzc8JVWlKsabczbDMlwVRN0dOKuLR7BZUj4NGsZOxYPGORsRaxv-11jsAaacOKyzlxfJSK5BFZs486ltNOg/s320/foto2.jpg" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 2</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Alcune aziende
sostituiscono poi la mozzarella con altri tipi di formaggio, come l’edam in
percentuale variabile a seconda dei gusti, (generalmente attorno al 5%-10%) <span style="background-color: white;"><span style="background-attachment: scroll; background-clip: border-box; background-image: none; background-origin: padding-box; background-position: 0% 0%; background-repeat: repeat; background-size: auto auto;">(foto 3)</span></span>. A questo
proposito, un po’ di tempo fa lessi che una nota azienda statunitense aveva
lanciato sul mercato interno, approdando in seguito in Europa, il primo
formaggio fatto senza il latte, un prodotto destinato a sostituire la
mozzarella sulle pizze e in vari altri piatti gastronomici già pronti,
proponendolo come un valido sostituto del formaggio. Insomma, un “ formaggio ”
creato per i vegani e per gli allergici al lattosio, a detta loro, che lo
potranno assumere senza timore perché prodotto con proteine di origine
vegetale, vale a dire combinando il galattomannano, la carragenina, oltre ad
una sostanza “gelatinante” derivata dalla lavorazione di un’alga rossa. Sono
curiosa di vedere se e come la legislazione vorrà tutelare il consumatore,
obbligando o meno il fornitore a dichiarare la presenza tra gli ingredienti di
un “formaggio-non-formaggio”. Tutti gli sforzi per spiegare ai propri figli che
il formaggio deriva dal latte, e improvvisamente anche queste poche certezze
svaniscono, lasciando spiazzati i genitori.</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOH6-sRwtF_bBDgJwYDi4t8rHq3RlY590lFdKm-LIpT3JAjtyw4iU_bmZwqqBIvZGnPql9FRVTxa8VBY_jvDYrgzG8_vTFqrAKaWFRjhNK08ec3691vpgWT205FWR4zgwnWpBOxlJWFSk/s1600/foto+3+formaggio+edam.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOH6-sRwtF_bBDgJwYDi4t8rHq3RlY590lFdKm-LIpT3JAjtyw4iU_bmZwqqBIvZGnPql9FRVTxa8VBY_jvDYrgzG8_vTFqrAKaWFRjhNK08ec3691vpgWT205FWR4zgwnWpBOxlJWFSk/s320/foto+3+formaggio+edam.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 3</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Recentemente ho anche notato in
commercio delle pizze contenenti tra gli ingredienti sostanze zuccherine,
questo non dovrebbe meravigliare in quanto, l’azienda in questione, si è sempre
occupata di generi alimentari dolciari e magari un po’ di zucchero c’è finito
per sbaglio, non pensate? Già dal primo morso si nota una pasta simile ad un
biscotto più che ad una pizza. Ma a cosa serve aggiungere zucchero (o
saccarosio), destrosio (o glucosio), sciroppo di glucosio e caramello? Tutte
queste sostanze zuccherine servono da una parte a "nutrire il
lievito" e a far gonfiare l'impasto, dall'altra a favorire la doratura
della pizza durante la cottura in forno, per innescare le famose reazioni di
Maillard. L’amido modificato viene invece aggiunto per dare sofficità
all'impasto. Nonostante tutto, desidero spezzare una lancia in favore delle
pizze surgelate, in quanto difficilmente si può avere un controllo sugli
ingredienti usati dal pizzaiolo (sono pochi quelli che espongono o esplicitano
gli ingredienti e la loro provenienza); spesso tali ingredienti sono di scarsa
qualità, come per esempio la "mozzarella". Sono pochissime le
pizzerie che specificano chiaramente almeno il tipo e le caratteristiche del
formaggio usato, ed il tipo di olio utilizzato, colui che lo fa va però
premiato. Colgo infatti l’occasione per chiedere se c’è qualcuno tra di voi,
che, nella propria pizzeria mostra al consumatore per esteso la lista degli
ingredienti e la loro provenienza, se sì, mi contatti immediatamente. Rimanderò
ad un secondo e prossimo pezzo, il discorso sul tipo di farina impiegata,
riferendomi questa volta all’autentica pizza, quella preparata del signor
pizzaiolo e poi cotta al forno a legna.</div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-63648632992533286342013-10-21T11:09:00.000-07:002013-10-21T11:09:26.296-07:00LA DICITURA " OLI VEGETALI " VA IN PENSIONE<span class="userContent">Passando dal dolce al salato, sono tantissimi i
prodotti alimentari preparati utilizzando i misteriosi “ grassi
vegetali ”. Misteriosi perché il consumatore medio ha sempre pensato che
si trattassero di grassi completamente innocui, in quanto vegetali. In
realtà, tale dicitura nascondeva la scelta astuta di molte
multinazionali del settore nel preferire al costoso olio di oliva quello
di palma o di cocco ad esempio, decisamente più<span class="text_exposed_show">
economici. Questi ultimi, nonostante siano di natura vegetale, hanno un
elevato contenuto di grassi saturi, che possono raggiungere anche il
50% nel caso dell'olio di palma derivato dai frutti e l'80% nel caso
dell'olio di palmisto, derivato dai semi. Il loro elevato contenuto di
grassi saturi non è purtroppo controbilanciato da un'adeguata presenza
di acidi grassi polinsaturi benefici, ritenuti in grado di tenere sotto
controllo i livelli del colesterolo LDL. Finalmente, dopo molte
battaglie il regolamento è entrato in vigore il 12 dicembre 2011 e verrà
adottato a partire dal 13 dicembre 2014, ad eccezione delle
disposizioni relative alla dichiarazione nutrizionale, che sono
applicabili a partire dal 13 dicembre 2016. Molte aziende hanno già
anticipato alcune norme, come ad esempio la sostituzione della parola
grassi vegetali con il nome preciso dell’olio utilizzato (colza, soia,
palma, arachide…). Tale regolamento risulta obbligatorio qualunque sia
la quantità di olio o di grasso presente in un certo alimento. A breve
al supermercato leggendo la lista degli ingredienti di una confezione di
biscotti o di grissini, non leggeremo più il generico “ oli vegetali ”,
ma il tipo di olio o di grasso che effettivamente è stato impiegato. E'
sicuramente una conquista, almeno in termini di trasparenza, nel
frattempo mi auguro che presto diventerà obbligatorio indicare anche la
presenza in un alimento, dei grassi trans o grassi idrogenati, in quanto
in alcuni Paesi lo stanno già facendo…</span></span><br />
<br />
<br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show"></span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghuK8adPSLGr-MuO4XZowej4UNvSgRv5eVaLmZYt5YIGdFkOkuG7fFp5mY6CEgKRdYebRuUpk_1C3nWZ3_ShAx0fMwlnaRphsL-mcA_ftfJHjH3WYY4Z96pKubEKKBoMxcq117Gefn4gE/s1600/20131021_185107.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghuK8adPSLGr-MuO4XZowej4UNvSgRv5eVaLmZYt5YIGdFkOkuG7fFp5mY6CEgKRdYebRuUpk_1C3nWZ3_ShAx0fMwlnaRphsL-mcA_ftfJHjH3WYY4Z96pKubEKKBoMxcq117Gefn4gE/s320/20131021_185107.jpg" width="240" /></a></div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-76535824870722657072013-10-16T02:42:00.001-07:002013-10-16T02:42:15.880-07:00LA PIRAMIDE CHE CARATTERIZZA LA DIETA MEDITERRANEA ORA E' IN OTTIMA COMPAGNIA <span class="userContent">La famosa piramide della Dieta Mediterranea si arricchisce di nuove
piramidi alimentari, quella per gli africani, per gli asiatici e per gli
ispanoamericani, che vivono negli Stati Uniti. La nuova idea arriva
dall’associazione no-profit Oldways, che da anni lavora a favore del
patrimonio culinario delle diverse etnie che popolano gli Stati Uniti.
Lo scopo è di promuovere corretti stili di vita e <span class="text_exposed_show">di
favorire modelli alimentari salutari. Ricordo per i non addetti ai
lavori, che gli alimenti presenti alla base della piramide sono quelli
che bisognerebbe assumere maggiormente, mentre quelli all’apice sono
quelli da ingerire di rado. La piramide della dieta latino-americana
(foto 1) propone un regime tipico del Centro e Sud-America. Alla base troviamo
verdure, frutta (avocado, cocco e mango), cereali integrali come riso,
mais e quinoa, legumi (fagioli e lenticchie) e infine erbe e spezie come
coriandolo, prezzemolo, cannella e peperoncino. A seguire pesce e
frutti di mare per almeno due volte a settimana, mentre tra i cibi da
consumare moderatamente troviamo pollo, uova, formaggio, yogurt, e tra
le bevande vino e birra. In cima alla lista, e quindi da assumere in
maniera limitata ci sono la carne di manzo o di maiale.</span></span><br />
<br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show"> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAxMkTuvQHlBhsVG7160KS9MSjI7FXaQBNZ8fkaLZn95aPHX6uVJWklHUWgxdC3QIB0w-ZUdUxcfTOfQJPMoRB0MADCw9s42Pf8-qpxcIAIvRlIuv3okwgSoaCeB2QlSf0bKLru2Zy3To/s1600/Latino_pyramid_flyer.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAxMkTuvQHlBhsVG7160KS9MSjI7FXaQBNZ8fkaLZn95aPHX6uVJWklHUWgxdC3QIB0w-ZUdUxcfTOfQJPMoRB0MADCw9s42Pf8-qpxcIAIvRlIuv3okwgSoaCeB2QlSf0bKLru2Zy3To/s320/Latino_pyramid_flyer.jpg" width="247" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 1</td></tr>
</tbody></table>
</span></span><br />
<br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show">La seconda
piramide comprende invece le tradizioni dell’Africa e dei Caraibi (foto 2). La cucina prevede soprattutto alimenti freschi come frutta e
verdura a foglia situate alla base della piramide. Poco sopra ci sono
gli alimenti più nutrienti e a basso contenuto di sodio, zuccheri e
grassi saturi. In questa sezione, che costituisce la base giornaliera da
cui partire, abbiamo frutta come banane, papaia, anguria e avocado,
verdure e infine tuberi, fagioli, noci e arachidi, oltre ai più vari
cereali. Sono contemplate anche spezie e salse tradizionali, e vanno
consumate almeno due volte a settimana, come pure pesce e frutti di
mare. La carne rientra con uova, pollo e olio nella lista degli alimenti
da mangiare moderatamente, seguita da yogurt e latte. In cima sono
stati collocati i dolci. </span></span><br />
<br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show"> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-ew13zFSFvlOf_dOJR_2ncZ5bk6oEoyZ5K4sldNRrkly5z4nCGbwZeDZNVKIQ5uVU4qpVKRstbmiu_xc8BtcFjDT3TTk6Sd2RjH8KI2LS1EDPYUCJWTShXCDJnrLeN7Wonk5SUTgJbwI/s1600/African_pyramid_flyer.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-ew13zFSFvlOf_dOJR_2ncZ5bk6oEoyZ5K4sldNRrkly5z4nCGbwZeDZNVKIQ5uVU4qpVKRstbmiu_xc8BtcFjDT3TTk6Sd2RjH8KI2LS1EDPYUCJWTShXCDJnrLeN7Wonk5SUTgJbwI/s320/African_pyramid_flyer.jpg" width="247" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 2</td></tr>
</tbody></table>
</span></span><br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show"> </span></span><br />
<span class="userContent"><span class="text_exposed_show">Infine c’è quella asiatica (foto 3), che comprende Paesi
che vanno dalla Cina, all’India e al Giappone fino alle Filippine. E’
stata concepita considerando la bassa incidenza, in questi gruppo di
persone, di malattie croniche causate da una alimentazione sbagliata.
L’alimento base per tutti è il riso oltre a molti cibi di origine
vegetale, tra cui funghi, germogli di bambù, broccoli, frutta come mango
e ananas, legumi e noci o mandorle. Gli oli vegetali rientrano nella
lista degli alimenti giornalieri, mentre pesce e frutti di mare sono un
gradino più in alto. Uova, pollo e dolci sono considerati alimenti
settimanali, mentre la carne rossa andrebbe consumata una volta al mese.
Quantità moderate per vino, birra e sake, mentre per acqua o tè sono
raccomandati in quantità pari a 6 bicchieri al giorno.</span></span><br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSKXxGAAeFFWf0z2TGGcApeHWxt0UBgaiCpAkPfogCjMH1NftCPR4BuujcqFQUfYpdwLcXpdc5g83f2BPOt6qR0DXi-VEiEHn4Y-JXtXYKCQDVG_o9ZSYN2uRs-5iXe0wB4nsu5kuUkhs/s1600/images.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSKXxGAAeFFWf0z2TGGcApeHWxt0UBgaiCpAkPfogCjMH1NftCPR4BuujcqFQUfYpdwLcXpdc5g83f2BPOt6qR0DXi-VEiEHn4Y-JXtXYKCQDVG_o9ZSYN2uRs-5iXe0wB4nsu5kuUkhs/s1600/images.jpeg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 3</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-41018688649530885952013-10-03T03:26:00.001-07:002013-10-03T03:26:55.487-07:00SUGGERIMENTI PER CHI UTILIZZA LA STEVIA REBAUDIANA<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><span class="usercontent">Chi dolcifica bevande e alimenti utilizzando
direttamente la pianta della Stevia, e non sottoforma di pastigliette o gocce,
per una maggiore concentrazione dei principi attivi suggerisco di: </span><br />
<div class="MsoNormal">
<br />
<span class="usercontent">1) Raccogliere solo le parti visibilmente sane
(ovvio!), al mattino, con cesoia o coltello affilato, il momento migliore è
poco prima della fioritura;</span><br />
<br />
<span class="usercontent">2) Essiccazione in ambiente arioso e caldo, raccolte a
mazzi non in modo stretto, in locali ombrosi ma asciutti (volendo su griglie o
vassoi);</span><br />
<br />
<span class="usercontent">Le erbe così essiccate si conservano massimo per un
anno in barattoli a chiusura ermetica (magari di colore scuro) in luoghi
freschi al riparo dall'umidità!</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEge5VGHO8RF_JNhyphenhyphenxDCMvDuW6R8_54kIv5ni8jB9Crg3MielH7cJinWGnG60jAN3_On7voVYvhGY4_6co5eoKCfP8_ksl8kx-H2VnRLv3iYdMMxJbYDgdVCvYMnLbdzSQExZxkSJ6RdgQw/s1600/Stevia.JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEge5VGHO8RF_JNhyphenhyphenxDCMvDuW6R8_54kIv5ni8jB9Crg3MielH7cJinWGnG60jAN3_On7voVYvhGY4_6co5eoKCfP8_ksl8kx-H2VnRLv3iYdMMxJbYDgdVCvYMnLbdzSQExZxkSJ6RdgQw/s320/Stevia.JPG" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Stevia Rebaudiana dopo la raccolta</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span class="usercontent"> </span></div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-37435226632029954212013-09-26T13:36:00.001-07:002013-09-26T13:36:51.105-07:00DOVE SI GETTA L' OLIO DI FRITTURA?Si vocifera continuamente sulla dannosità ed insalubrità dei grassi vegetali (palma, cocco ecc.) e di quelli idrogenati, ma pochissimi affrontano il tema su quale sia il modo migliore per sbarazzarsi in casa dell’olio di frittura. Voi ad esempio dove lo gettate? La maggior parte risponderebbe giù nel lavandino della cucina o nello sciacquone del bagno. In realtà la formula ideale, per evitare disastri ecologici, sarebbe di farlo raffreddare per bene, di porlo in bottiglie di plastica o di vetro ed infine di gettarlo nella spazzatura. Oltre a intasare le tubature e a causare problemi ai depuratori, l’olio fritto potrebbe formare una pellicola in grado di impedire l’ossigenazione dell’acqua di laghi e fiumi, portando alla morte di organismi acquatici animali e vegetali. L’olio vegetale può anche essere riciclato dando origine al biodisel o ai saponi. So bene che l’etichetta di un olio alimentare è paragonabile a un campo minato, se poi ci riferiamo a quello di oliva e alle informazioni che riguardano la sua provenienza, allora il discorso si fa ancora più bollente. Nonostante ciò sono dell’idea che il Governo dovrebbe attivarsi per una campagna di educazione ambientale obbligando le aziende del settore a indicare chiaramente sopra le bottiglie la modalità migliore per gettare l’olio di frittura, in modo che il consumatore comprenda la gravità del problema, almeno per un lasso di tempo iniziale. Staremo a vedere.Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-17830365143394744202013-09-23T08:06:00.002-07:002013-09-23T08:06:26.523-07:00IL RISO CHE CUOCENDOLO CAMBIA COLORE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dyGyYY0IIEjb2BUr7WnZ5ZJ4nhU1JDVj67jbzfEgaU9QPYeGuPoyMV_sPg7dhbLNmPNB0l2VU5DPrY_kSM5NA' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div>
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><br />
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><!--[if gte mso 10]>
<style>
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:"Tabella normale";
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:"";
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:"Times New Roman";
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}
</style>
<![endif]-->
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Un'altra vostra segnalazione riguarda il filmato seguente,
in cui del riso viene sottoposto a cottura e magicamente dopo alcuni minuti il
colore da bianco diventa nero
</div>
<div class="MsoNormal">
Per mio conto, l'unica ipotesi in grado di spiegare tale
fenomeno è forse l'utilizzo di fanghi da depurazione non completamente puri o
addirittura inquinanti. </div>
<div class="MsoNormal">
I fanghi da depurazione sono il prodotto del trattamento
delle acque reflue urbane ad opera dei depuratori.</div>
<div class="MsoNormal">
Secondo il Catalogo Europeo Rifiuti (CER) aggiornato per
decisione 2000/532/CE, i fanghi da depurazione sono classificati come rifiuti
non pericolosi, cioè non contaminati da sostanze che possano renderli dannosi
per l'uomo e per l'ambiente. Possono infatti essere smaltiti attraverso due possibili
canali principali:</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>1) l'utilizzo in
agricoltura, previo compostaggio;</div>
<div class="MsoNormal">
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>2) l'invio in
discarica;</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Se qualcuno tra di voi è in grado di dare un'altra valida
spiegazione gli sarei grato. </div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Grazie</div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-68602321803218222462013-09-22T03:18:00.002-07:002013-09-22T03:18:54.654-07:00UN " DOLCE " ERRORE DI ETICHETTATURA<span class="userContent">Il cioccolato è da sempre ritenuto una bomba
calorica, ma la segnalazione che mi è arrivata ieri di questa tavoletta
di cioccolato al 92% di una nota marca, è a dir poco sorprendente! Si
tratta sicuramente di un errore in cui hanno invertito i joule con le
calorie, anche perché 2534 calorie si avvicina più a essere il
fabbisogno energetico giornaliero di un tagliaboschi canadese!</span><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQLkBID7Qx6hpWo5xhvArW-WLHWO5ukxgikVohiixfuwtX-bZ7Wa_oBxEJAKwms75v_2lMk8Tqz4WtWE8kToK662DFz4FvYK02FVKbl2cFw6JBOQKPyQcG4iJ3jqKzHNEzjcPZljjtNxY/s1600/547298_599471563436286_609614051_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQLkBID7Qx6hpWo5xhvArW-WLHWO5ukxgikVohiixfuwtX-bZ7Wa_oBxEJAKwms75v_2lMk8Tqz4WtWE8kToK662DFz4FvYK02FVKbl2cFw6JBOQKPyQcG4iJ3jqKzHNEzjcPZljjtNxY/s320/547298_599471563436286_609614051_n.jpg" width="320" /></a></div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-70552773703065224162013-09-08T10:04:00.000-07:002013-09-10T09:27:03.761-07:00IL VERO SIGNIFICATO DEI NUMERI ROSSI SUL CARTONE DEL LATTE <!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><br />
Ero convinta che questa “ bufala ” fosse andata a finire nel dimenticatoio, ma in base alle vostre numerose segnalazioni mi devo ricredere. Il messaggio che continua ad aleggiare sul web riguarda il latte e più precisamente recita così: “ Il latte in cartone, quando non è venduto dopo un determinato termine di tempo è rispedito in fabbrica per essere pastorizzato un'altra volta, fino ad un massimo di 5 volte, cosa che conferisce al latte un sapore diverso da quello iniziale, e riducendo anche il valore nutritivo. Il latte poi ritorna sul mercato con dei numerini rossi o neri sul fondo della confezione (foto sottostante scattata da me in un supermercato). I numerini indicherebbero il numero di volte che il latte è stato pastorizzato e introdotto nuovamente sul mercato. Ad esempio: se un cartone ha il numero 1, vuol dire che è appena uscito dalla fabbrica; ma se ha il numero 4, significa che è già stato pastorizzato fino a 4 volte ed è stato rimesso sul mercato per essere venduto…”. Ora sveliamo una volta per tutte questa vera e propria truffa: la legge è molto rigida e prevede che il trattamento di pastorizzazione possa venire applicato solo sul latte crudo e quindi una sola volta. Per verificare che il latte non abbia subito trattamenti di riscaldamento multipli si effettuano delle analisi di laboratorio. La pastorizzazione prevede che il latte venga scaldato a 72 ° centigradi per 15 secondi in maniera da distruggere i principali (ma non tutti) germi patogeni più resistenti al calore, come quelli della tubercolosi. Se subisse questo trattamento più volte risulterebbe di colore più scuro, sul marroncino e quindi non vendibile. Effettivamente i numerini ci sono e sono ben leggibili, ma si tratta di numeri fondamentali per la rintracciabilità del materiale di imballaggio e non hanno niente a che vedere con l'alimento confezionato. I numeri presenti sotto alle confezioni in cartone (non solo quelle del latte quindi, ma anche di vino, succhi di frutta, legumi, panna ecc..) si riferiscono al processo di produzione del contenitore in se e non di quello del contenuto: i numeri pertanto sono da riferirsi solo ed esclusivamente al contenitore. Mi auguro di essere stata chiara, questi allarmismi innervosiscono assai e mandano in tilt in consumatore, il mio suggerimento è di fare molta attenzione a cosa leggete sul web perché avete l’imbarazzo della scelta, e spesso sono anche capace di farvi credere che la Terra non gira su se stessa! <br />
<div style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNcU8zYQMVzOqIrnRusQp9A2SawjzH7ptvfozNw9ygKejrRDwuN1heJfgiHaT9AC7PGmnPAm9x8aH5gyl3Vtj39hI6Mc5QDk3ssaPYR0y8g86B56wwM5vqXFqvmX0bbrDwjp2TIAP5gUo/s1600/numerini+rossi+sul+latte+in+cartone.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNcU8zYQMVzOqIrnRusQp9A2SawjzH7ptvfozNw9ygKejrRDwuN1heJfgiHaT9AC7PGmnPAm9x8aH5gyl3Vtj39hI6Mc5QDk3ssaPYR0y8g86B56wwM5vqXFqvmX0bbrDwjp2TIAP5gUo/s320/numerini+rossi+sul+latte+in+cartone.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="line-height: 150%;">
<br /></div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-46733339856340909122013-09-05T13:00:00.001-07:002013-09-05T13:01:57.971-07:00LA VERITA’ SULLE " BUSTINE " DI LIEVITO MADRE ESSICCATO<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]-->Il lievito madre, denominato anche pasta madre o pasta acida o lievito naturale, è un impasto di acqua, farina e un agente attivatore contenente zuccheri semplici come una mela o del miele, il tutto viene accuratamente miscelato assieme ai batteri e ai lieviti presenti nell'aria, sulle proprie mani e su ogni superficie.<br />Lieviti e batteri grazie ad enzimi specifici agiscono sugli zuccheri contenuti nell'attivatore e nella farina trasformandole e fermentandole in acidi, alcol e sostanze aromatiche, quelle che poi forniscono la tipica alveolatura, l’aroma e il sapore caratteristico e tipico. Nasce così il lievito madre, che verrà utilizzato ad esempio per la panificazione. Ma prima se ne staccherà un pezzetto per la successiva volta, da conservare in un vasetto di vetro o meglio ancora in un telo di lino o di cotone ben legato, in inverno a temperatura ambiente, in estate in frigorifero, e da rinfrescare o nutrire con acqua e farina ogni un tot di giorni. Ricordatevi che il lievito madre vive e bisogna nutrirlo e abbeverarlo a dovere. <br />Come possiamo chiaramente osservare il procedimento è lungo e laborioso, poi ciascun fornaio possiede il cosiddetto tocco segreto che caratterizza il proprio pane. E’ necessario sottolineare che la pasta madre non si acquista, o si autoproduce, o se si è fortunati la si riceve in dono. Eppure in commercio (senza citare alcuna marca) stanno aumentando sugli scaffali dei supermercati buste e bustine che riportano in caratteri decisamente giganti la scritta “ lievito madre essiccato ” (vedi foto). A mio parere potrebbe trarre in inganno, in quanto il consumatore è convinto di comprare davvero del lievito naturale puro al 100%, in realtà se si legge con attenzione, si scorge anche la presenza del “ lievito secco o di birra ” sia sul fronte (generalmente in caratteri più piccoli), sia sul retro della confezione tra l’elenco degli ingredienti. Il lievito di birra è utilizzato come attivatore in quanto il lievito madre essiccato in realtà è morto, cioè ha poco potere lievitante, quindi quello di birra (colonie del fungo Saccharomyces cerevisia) si comporta da starter per fare lievitare il prodotto come la pizza o il pane. Tendenzialmente le aziende produttrici menzionano sempre la presenza del lievito di birra, ma secondo il mio punto di vista in maniera non così chiara e lampante e questo potrebbe risultare un po’ fuorviante per chi lo acquista.<br />Fortunatamente esistono ancora dei signori fornai che preparano la pasta madre seguendo i canoni della loro tradizione, e le delizie che sfornano lo dimostrano. Uno di questi è proprio Massimo Grazioli, noto fornaio di Legnano che collabora con Slow Food. Ho avuto il piacere di conoscerlo spiegandomi che ogni lievito madre è unico perchè si forma con microrganismi ed enzimi di quel determinato luogo, quindi ad esempio il suo lievito madre sarà composto da una flora batterica diversa di un lievito madre prodotto ad Altamura. Mi ha anche svelato che l’acqua dell’impasto è fondamentale per ottenere un buon prodotto, lui utilizza un dispositivo che la rende più leggera togliendo un po’ di calcare. <br /><br /><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZCCu7Av4CfzQxHQ7DkvNRq9cNEV60zFB9leHmfV04ubQcKL-_TyNN5GVQt5b_l95KSJvtVIdbsbsi1KyXFurVIpXFNezg33o1GoqDqRNQK-5wm47IpzjUFnXVnFznLPdnc0ML4A0LCBc/s1600/lievito+madre+essiccato+senza+marca.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZCCu7Av4CfzQxHQ7DkvNRq9cNEV60zFB9leHmfV04ubQcKL-_TyNN5GVQt5b_l95KSJvtVIdbsbsi1KyXFurVIpXFNezg33o1GoqDqRNQK-5wm47IpzjUFnXVnFznLPdnc0ML4A0LCBc/s320/lievito+madre+essiccato+senza+marca.jpg" width="292" /></a></div>
<br />
A coloro che si cimentano nella panificazione casalinga con vera pasta
madre, è bene ricordare che il pane perfetto non esiste come non esiste
la perfezione in genere, è solo l'esperienza che vi aiuterà a trovare il
modo migliore di lavorazione.<br />
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><!--[if !mso]><img src="//img2.blogblog.com/img/video_object.png" style="background-color: #b2b2b2; " class="BLOGGER-object-element tr_noresize tr_placeholder" id="ieooui" data-original-id="ieooui" />
<style>
st1\:*{behavior:url(#ieooui) }
</style>
<![endif]--><!--[if gte mso 10]>
<style>
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:"Tabella normale";
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:"";
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:"Times New Roman";
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}
</style>
<![endif]-->
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-5900407160159953092013-08-26T06:12:00.000-07:002013-08-26T06:19:36.756-07:00LO YOGURT PARAGONABILE A UNA CHIMERA<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]-->La trasparenza delle etichette dei yogurt, reclamata a gran voce dai consumatori rimane ancora una chimera, indefinibile e indecifrabile. Abbiamo a che fare con etichette illeggibili, incomprensibili e capaci di creare solo confusione. Sul mondo degli yogurt si potrebbe aprire una parentesi tonda, una quadra e una graffa, oggi mi limito ad aprire e chiudere soltanto la prima. Il primo aspetto che intendo mettere in discussione è che in commercio su quasi tutte le confezioni di yogurt, interi, parzialmente scremati, al naturale o alla frutta trovo spesso la dicitura “ fonte di calcio ” o “ arricchito in calcio ” (foto 1 e 2).<br />
<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQCBWIVNc2sZIRGxlMIGufrE50Q5-Og64DpjzI02bzRWNualaKi_xMspueJB7E_5Rc02lrZ3f8AP1VOZbYBgdzo5K7MwMRxlmo1ovAwBrjxeap7ONX42kbws0v5ODzCrgWwy-djdtrcEQ/s1600/yougurt+arricchito+di+calcio+1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQCBWIVNc2sZIRGxlMIGufrE50Q5-Og64DpjzI02bzRWNualaKi_xMspueJB7E_5Rc02lrZ3f8AP1VOZbYBgdzo5K7MwMRxlmo1ovAwBrjxeap7ONX42kbws0v5ODzCrgWwy-djdtrcEQ/s320/yougurt+arricchito+di+calcio+1.jpg" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 1</td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZU4ue8M-CDeWqbiK47Hfv5kxIeODpH8WVSl01xxnMWFoZWsNQuveRKmsQk2Eua7NMKI3JwhoXrPiCegyAFgq5_PcJJX5PbgMCm7UaX4XiQIyoTlf38xvEPns8jVTj5cOwUnsa1yU0LkA/s1600/yougurt+con+calcio+2+modificato+senza+galbani.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="54" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZU4ue8M-CDeWqbiK47Hfv5kxIeODpH8WVSl01xxnMWFoZWsNQuveRKmsQk2Eua7NMKI3JwhoXrPiCegyAFgq5_PcJJX5PbgMCm7UaX4XiQIyoTlf38xvEPns8jVTj5cOwUnsa1yU0LkA/s320/yougurt+con+calcio+2+modificato+senza+galbani.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 2</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Ma lo yogurt è un prodotto ottenuto proprio dal latte, fonte naturale di calcio (un litro di latte, anche totalmente scremato, contiene circa 1,2/1,5 g di calcio), quindi perché sottolineare la sua presenza ? che 100 g di un comune yogurt fornisca 150 mg circa di questo prezioso sale minerale è assolutamente indiscutibile e normale, ma “ giustamente ” le aziende produttrici devono pur mettere in risalto qualcosa per incrementare le vendite, anche facendo fesso il consumatore. Il secondo aspetto riguarda invece la provenienza del latte utilizzato. Pollice in sù per Granarolo, uno dei più importanti produttori italiani di yogurt, che nel 2004 ha anche inglobato la Yomo. Recentemente, ho notato sulla confezione di questi yogurt la presenza della bandiera italiana con scritto “ prodotto in Italia con solo latte italiano ” (foto 3 e 4). Un punto a loro favore in quanto ci sono molti yogurt venduti nei supermercati in cui la provenienza del latte rimane ancora un mistero. Anche se c’è scritto che è prodotto o confezionato in Italia non significa che il latte sia di origine italiana. L’ultimo aspetto su cui voglio ragionare riguarda gli yogurt arricchiti di omega 3.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5dQSpXfLzCF3xLAG8W-0EsIUcaHSHW4H7Zzy3mL6W5P7sv7HDFjJIy28AK_4eaiVI9eeliOkuBYjGjORwnLv7w5DJaSMMkFjyGNQwD1jyK8BTFfEpcfvif0oWNbTQ0XVohNUPK2_8kW8/s1600/yogurt+made+in+Italy+Granarolo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5dQSpXfLzCF3xLAG8W-0EsIUcaHSHW4H7Zzy3mL6W5P7sv7HDFjJIy28AK_4eaiVI9eeliOkuBYjGjORwnLv7w5DJaSMMkFjyGNQwD1jyK8BTFfEpcfvif0oWNbTQ0XVohNUPK2_8kW8/s320/yogurt+made+in+Italy+Granarolo.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 3</td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK04Qfb0kxrS1VnUNFRbhiiYgkFInqx5PmVUpI8pWfbdaQYB2FuK9FcJTKgDRTyXWg6Jo9MG_y-aCHsV9qoDOXEfcV1DZh9hBJd_Z8RmmQ5dVGAsP5Y0-2N2nI28OkoxpunqNopKzejiQ/s1600/yogurt+made+in+Italy+Yomo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK04Qfb0kxrS1VnUNFRbhiiYgkFInqx5PmVUpI8pWfbdaQYB2FuK9FcJTKgDRTyXWg6Jo9MG_y-aCHsV9qoDOXEfcV1DZh9hBJd_Z8RmmQ5dVGAsP5Y0-2N2nI28OkoxpunqNopKzejiQ/s320/yogurt+made+in+Italy+Yomo.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 4</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Se il latte utilizzato è di buona qualità, una parte del grasso totale è costituita di acidi grassi benefici per la salute come quelli insaturi tra cui gli omega 3. Se però è di cattiva qualità questi scompaiono. Allora l’industria spudoratamente li addiziona ricorrendo all’olio di pesce che ne è naturalmente ricco, sottolineandone la presenza come se il latte fosse un alimento che normalmente non li contiene. Invece, dalle tabelle di composizione degli alimenti dell’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) si evince che in 100 g sia di latte che di yogurt intero sono contenuti 0,05 g di acido alfa linolenico (ALA), un omega 3. <br />
<br />Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-13235138678420645392013-08-24T13:41:00.004-07:002013-08-24T13:59:48.398-07:00UN NASO ELETTRONICO CHE SCOVA LE TRUFFE<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]-->Non risolverà tutti i problemi ma sicuramente risulterà utile una sorta di strumento capace di smascherare possibili truffe e riconquistare la fiducia dei consumatori, soprattutto dopo gli ultimi scandali, che hanno riguardato la carne di cavallo nelle lasagne e le conserve San Marzano fatte con pomodori stranieri. Nella gente c’è quasi terrore e preoccupazione per quello che acquistano e secondo una recente indagine di Accredia (ente che accredita i certificatori) e Censis, il 71% delle famiglie italiane è preoccupato dalla possibilità di portare a casa cibo avariato e il 70% legge frequentemente le etichette e sceglie di acquistare cibi legati a marchi conosciuti. <br />
Heracles II, un gascromatografo di ultima generazione, una specie di naso elettronico capace di annusare le sostanze volatili caratteristiche emesse da qualsiasi materia prima o prodotto attribuendo a quest’ultimo una sorta di “impronta digitale” specifica del prodotto stesso. Non si tratta di analisi del DNA dei cibi ma di analizzare il profilo aromatico degli alimenti ottenendo un grafico con le loro caratteristiche, che diventa una specie di carta d’identità. Questo grafico viene poi confrontato con la banca dati e se non corrisponde significa che siamo di fronte a un risultato da approfondire e indagare. Ad esempio un olio preparato con olive della Sicilia ha caratteristiche, e quindi profili, diversi da uno che usa quelle greche o spagnole. Una mozzarella di bufala, avrà caratteristiche diverse rispetto a una prodotta con latte vaccino o in polvere. In Italia finora ne esistono tre di questi gascromatografi: due sono utilizzati nelle Università e uno è stato acquistato dalla Coop (foto sottostante presa dal sito dell’azienda) per il proprio laboratorio di Casalecchio sul Reno.<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhputWeiH1h4rnTDgDI9TEIo6N0cvf_AsBiBxyQN2WJZRAzHingQ0SvbjyQjJElRzb-aOOAcn448II6k_qE_cstTj0XJalv8gyCFkhig291r76VOAI5cZaFgvHIQK5eYlS4-z8auahNEx4/s1600/Heracles+II+Coop.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhputWeiH1h4rnTDgDI9TEIo6N0cvf_AsBiBxyQN2WJZRAzHingQ0SvbjyQjJElRzb-aOOAcn448II6k_qE_cstTj0XJalv8gyCFkhig291r76VOAI5cZaFgvHIQK5eYlS4-z8auahNEx4/s320/Heracles+II+Coop.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
La contraffazione in genere non comporta un rischio per la salute, a essere colpito duramente è quel famoso rapporto di fiducia che si crea tra consumatore e azienda, perché si comprano cibi che in etichetta non riportano gli ingredienti o le zone di produzione con cui effettivamente sono stati preparati. Tra gli alimenti maggiormente contraffatti troviamo: vino, olio, conserve, mozzarelle e formaggi in genere. <br />
<br />
Quindi occhi spalancati e naso all’insù !Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-50902818639880586762013-08-20T15:03:00.003-07:002013-08-20T15:03:50.146-07:00OLIO DI COLZA: PARACULO O COSA?<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><br />
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><!--[if !mso]><img src="//img2.blogblog.com/img/video_object.png" style="background-color: #b2b2b2; " class="BLOGGER-object-element tr_noresize tr_placeholder" id="ieooui" data-original-id="ieooui" />
<style>
st1\:*{behavior:url(#ieooui) }
</style>
<![endif]--><!--[if gte mso 10]>
<style>
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:"Tabella normale";
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:"";
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:"Times New Roman";
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}
</style>
<![endif]-->
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Scusatemi per il francesismo, ma
l’improvviso e crescente utilizzo dell’olio di colza in ambito alimentare mi
crea dei sospetti tanto da definirlo appunto un paraculo. Per chi non
conoscesse quest’olio premetto che viene estratto dai semi della colza <i>Brassica
rapa oleifera</i>, una pianta probabilmente originata da un incrocio tra la
rapa bianca ed il cavolo. La storia dell’olio di colza è singolare in quanto
con gli anni è riuscito ad “ emanciparsi “ passando dalla strada alla tavola.<span style="color: #006600;"> </span>Nel tardo medioevo l'olio di colza era principalmente
utilizzato in molte città del nord Europa per l'illuminazione pubblica delle
città. L'uso alimentare crebbe dopo la seconda guerra mondiale ma poi venne
frenato perché il 50 % circa dei suoi acidi grassi sono costituiti da acido
erucico, che <span style="mso-bidi-font-weight: bold;">comporta effetti negativi
(dimostrati scientificamente) sulla crescita e disturbi a carico di fegato e cuore</span>.<br />
Per questo motivo per permettere l'utilizzo di questo olio come olio alimentare
e ridurre al minimo la quantità di acido erucico, dagli anni '70 c'è stata una
selezione accurata delle varietà di colza. In Italia l'acido erucico non deve
superare il 5 % del totale degli acidi grassi. Attualmente nel nostro paese
l'utilizzo di quest’olio ad uso alimentare è limitato all'industria e alla ristorazione
commerciale (sottolineo che è un olio molto economico). I principali produttori
mondiali sono il Canada, l'India e il Pakistan. Inoltre, secondo la FAOSTAT (sezione
statistica della FAO) nel 2007 la
Romania ha occupato il 15° posto tra i paesi produttori di
semi di colza. L’italiano medio difficilmente tradirebbe l’EVO (acronimo per
indicare l’olio Extra Vergine di Oliva) per cucinare, all’estero invece, è
l’olio di colza a fare da padrone gli scaffali dei supermercati, scalzando
tutti gli altri, con tanto di siti web a lui dedicati per evidenziare le
proprietà salutistiche e l’ottimo rapporto di omega6 e omega 3 (2:1). Ho
ricevuto da alcuni di voi una serie di foto scattate nei supermercati francesi
(foto 1) e inglesi (foto 2) che mostrano scaffali stracolmi di olio di colza.
L’olio di colza è anche presente da Harrods<span class="MsoHyperlink"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">, uno dei più
grandi</span></span><span class="MsoHyperlink"><span style="text-decoration: none; text-underline: none;"> </span></span><span class="st">magazzini di lusso a livello
mondiale, ovviamente venduto </span>in una confezione decisamente elegante e
invitante (foto 3). </div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj11nS6eJyGFeKGNdsVmNLvYTYQq9arFnM5T0KfLkjLT-ms9uJZjE8E-dfMvmrYMAN06extFlJUi7pFaz-BSswhMZr7rcutZ-M6UzZr1TIEMJbKWeV7uX5cxsPEI6ecDG0HhMg4haXR8OM/s1600/DSC00216.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj11nS6eJyGFeKGNdsVmNLvYTYQq9arFnM5T0KfLkjLT-ms9uJZjE8E-dfMvmrYMAN06extFlJUi7pFaz-BSswhMZr7rcutZ-M6UzZr1TIEMJbKWeV7uX5cxsPEI6ecDG0HhMg4haXR8OM/s320/DSC00216.JPG" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 1</td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4PT3xcTsSx8zYsvz07xpOYrbe7hlAt9O9unIhGJHi3pHNPTfALouOxfabshIlXWfSkJC6GowrD2AgUBgQBqRKUvPgCt5_KtnKk1ehriYABfEGXfnpekk2PL7yZsAlGj0pTTqEO0tOfFQ/s1600/foto.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4PT3xcTsSx8zYsvz07xpOYrbe7hlAt9O9unIhGJHi3pHNPTfALouOxfabshIlXWfSkJC6GowrD2AgUBgQBqRKUvPgCt5_KtnKk1ehriYABfEGXfnpekk2PL7yZsAlGj0pTTqEO0tOfFQ/s320/foto.JPG" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 2</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Non intendo condannare totalmente quest’olio, ma
paragonarlo all’EVO, come alcune recensioni inglesi che ho letto, per la
protezione dalle malattie cardiovascolari mi sembra esagerato. Il mio “ no “
all’olio di colza non è tanto dovuto all’elevata quantità di acido erucico, ormai
quello venduto ne contiene pochissimo, ma piuttosto nella modalità di
estrazione. L’olio di colza (come la maggior parte degli oli di semi) è
ottenuto mediante <span style="mso-bidi-font-weight: bold;">trattamento con
solventi come trielina o esano</span>. Dopo l'estrazione, l’olio viene
rettificato per renderlo più appetibile e meno acido <span style="mso-bidi-font-weight: bold;">distruggendo quasi totalmente</span> tutte le sostanze benefiche
all’interno. Diversamente, l’extravergine di oliva è spremuto a freddo senza
l’utilizzo di solventi preservando così gli antiossidanti di origine esclusiva,
i polifenoli e in generale tutte quelle sostanze che lo definiscono il fiore
all’occhiello della dieta mediterranea e anche un efficace aiuto nella
prevenzione di alcuni fattori di rischio chiave per l’insorgenza di diversi
tipi di cancro, a patto di aggiungerlo crudo alle pietanze. L’EVO è anche
riuscito a convincere con numerose evidenze scientifiche l’Unione Europea, che
ha emesso un Regolamento che stabilisce che si può indicare sull’etichetta il
valore salutare degli antiossidanti con la seguente dicitura: “<em>I polifenoli
dell’olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo
stress ossidativo</em>”. </div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9RPE-D-jwx_fREmDMgTyKDud9jRXfr18xMooY4OMO_5RDhI-4hOSTQvnl2IkDJFF85YfGIhkY5oW1ynpVWZsmo2V1Ys959pLJYRv68bltJ1YTzGWjRKdUIzUuh1PfoXsR27yBF0uMJHY/s1600/OLIO+DI+COLZA+HARRODS+2.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9RPE-D-jwx_fREmDMgTyKDud9jRXfr18xMooY4OMO_5RDhI-4hOSTQvnl2IkDJFF85YfGIhkY5oW1ynpVWZsmo2V1Ys959pLJYRv68bltJ1YTzGWjRKdUIzUuh1PfoXsR27yBF0uMJHY/s320/OLIO+DI+COLZA+HARRODS+2.JPG" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto 3</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Io rimango fedele all’EVO e voi?</div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-56174413190972033472013-08-11T08:15:00.003-07:002013-08-11T08:15:54.035-07:00<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><br />
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><!--[if gte mso 10]>
<style>
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:"Tabella normale";
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:"";
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:"Times New Roman";
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}
</style>
<![endif]-->
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
Ogni sei mesi ci propongono nuovi cereali
trasformati destinati alla prima colazione, tanto che cereali = corn flakes e
in questo dobbiamo ringraziare il lungo lavaggio del cervello che le aziende del
settore ci propina da anni. Il mondo dei cereali <strong><span style="font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold;">non è né soffiato né
glassato al miele o al cioccolato, in natura i cereali esistono in una forma
differente, più raffinata. Di seguito sono mostrati, da un lato alcuni dei
cereali trasformati più diffusi e commercializzati, e dall’altro i medesimi
cereali nella loro versione originale, non modificata. Probabilmente sarà una
sorpresa per i bambini, ma anche per molti adulti osservare come sono realmente
fatti i chicchi di mais, di grano, di orzo, di avena, ecc… </span></strong></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXm_0XK5iifeUssxabPphhkd2eikc6dfCcflmqsinIU5UxB2s1Uhprko4G1a0rcexCtguRei5uqs_5hsQjNje4m7fhB3uwq0EuXpZxOscR0HNqvWljaPllEmyiP6BFVS4xG4LORS4Fmpo/s1600/cereali+e+loro+trasformazione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXm_0XK5iifeUssxabPphhkd2eikc6dfCcflmqsinIU5UxB2s1Uhprko4G1a0rcexCtguRei5uqs_5hsQjNje4m7fhB3uwq0EuXpZxOscR0HNqvWljaPllEmyiP6BFVS4xG4LORS4Fmpo/s320/cereali+e+loro+trasformazione.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-41355937237722058232013-08-07T03:45:00.001-07:002013-08-07T03:45:57.257-07:002008 - 2013 UN PASSO AVANTI E UNO INDIETRO IN TEMA DI ETICHETTATURA RIGUARDANTE LA FAMOSA PASSATA DI POMODORO<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--></div>
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><!--[if !mso]><img src="//img2.blogblog.com/img/video_object.png" style="background-color: #b2b2b2; " class="BLOGGER-object-element tr_noresize tr_placeholder" id="ieooui" data-original-id="ieooui" />
<style>
st1\:*{behavior:url(#ieooui) }
</style>
<![endif]--><!--[if gte mso 10]>
<style>
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:"Tabella normale";
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:"";
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:"Times New Roman";
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}
</style>
<![endif]--><span style="mso-font-kerning: 18.0pt;">Un
passo avanti e un passo indietro, sembra quasi una danza caraibica ma invece è
ciò che sta accadendo negli ultimi anni nella nostra tanto amata Italia. </span>La
passata di pomodoro è uno dei prodotti confezionati più utilizzati in Italia e
secondo i dati Ismea-AcNielsen il pomodoro è il condimento maggiormente
acquistato dagli italiani. <span style="color: black;">Ogni famiglia in 1 anno
acquista almeno 31 kg
di pomodori trasformati tra pelati, polpe, passate, pomodoro a pezzi,
concentrati e altri derivati. L’invasione del 2007 di chili e chili di
concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina ha costretto il Governo a una
presa di posizione immediata. Grazie al decreto del Ministero delle Politiche Agricole
Alimentari e Forestali pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 57 del 2006, dal
1° gennaio 2008 è assolutamente obbligatorio segnalare in etichetta di tutte le
confezioni in vendita l'origine del pomodoro utilizzato nella passata.
L’indomani della sua approvazione ricordo il sorriso soddisfatto sui volti dei
piccoli, medi e grandi produttori, è stata una conquista sudata amaramente che </span>impedisce
a coloro che utilizzano pomodori stranieri di spacciare la passata come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">made in Italy</i>. Questa normativa, estesa
a tutti i derivati del pomodoro come sughi pronti e concentrati, ha permesso
dal 2008 di effettuare meglio i controlli e il repentino ritiro dal mercato dei
prodotti non sicuri per la salute. Se questa regolamentazione da un lato ha
rappresentato un importante passo verso una etichettatura alimentare sempre più
trasparente, dal 2013 purtroppo non esiste più alcun obbligo da parte
dell’azienda di indicare sulla confezione in che anno e in che giorno la
passata è stata confezionata. Un passo indietro sulla via della trasparenza? A
mio parare sì. Fino al 2012 quando si acquistava una passata di pomodoro si
poteva capire se era stata fatta con pomodori appena raccolti oppure erano
quelli dell’anno precedente, era infatti obbligatorio porre il numero di lotto
composto nel seguente modo:
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><!--[if !mso]><img src="//img2.blogblog.com/img/video_object.png" style="background-color: #b2b2b2; " class="BLOGGER-object-element tr_noresize tr_placeholder" id="ieooui" data-original-id="ieooui" />
<style>
st1\:*{behavior:url(#ieooui) }
</style>
<![endif]--><!--[if gte mso 10]>
<style>
/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:"Tabella normale";
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:"";
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:"Times New Roman";
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}
</style>
<![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--></div>
<ul type="disc">
<li class="MsoNormal" style="line-height: 150%; mso-list: l0 level1 lfo1; mso-margin-bottom-alt: auto; mso-margin-top-alt: auto; tab-stops: list 36.0pt;">una
lettera per indicare l’anno di confezionamento: il 2010 da una N, il 2011
da una E, il 2012 indicato da una M;</li>
<li class="MsoNormal" style="line-height: 150%; mso-list: l0 level1 lfo1; mso-margin-bottom-alt: auto; mso-margin-top-alt: auto; tab-stops: list 36.0pt;">un numero
per indicare il giorno di confezionamento in quel preciso anno: da 1 (1°
gennaio) a 365 (31 dicembre).</li>
</ul>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; mso-margin-bottom-alt: auto; mso-margin-top-alt: auto;">
Ma facciamo un esempio, la foto sottostante è la polpa di
pomodoro che ho acquistato in un supermercato qualche giorno fa, l’azienda
produttrice, che è la nota Mutti, ha posto il numero di lotto sul fondo della
confezione e si legge chiaramente il codice M 269, questo significa che la
polpa è stata confezionata nel 2012 (lettera M) e facendo due conti, verso la
fine di settembre, quindi subito dopo il periodo del raccolto. Contrariamente,
se il numero che leggete è più basso di 200, quindi prima del mese di luglio,
potrebbe trattarsi di pomodori raccolti e semi-lavorati l’anno prima, poi
conservati per un periodo più o meno lungo prima del confezionamento.<span style="color: #464646; font-family: Verdana; font-size: 10.5pt; line-height: 150%;"> </span>Ora
porre questa informazione utile per il consumatore rimane un atto facoltativo,
è infatti probabile che alcuni produttori indicheranno il 2013 con la lettera
H, adeguandosi alle indicazioni internazionali. Sono comunque dell’idea che la
cosa migliore sarebbe di scrivere sia la data di raccolta che di
confezionamento dei pomodori, staremo a vedere gli sviluppi!</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; mso-margin-bottom-alt: auto; mso-margin-top-alt: auto;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEju1PzGw1yoPm90q55wbuKgbACSNq8b-fAtEZP6lKYrHzMLO9vb_1MaIY1LgqzWjsOCpxERrOmPIxJhFeeVuy_UwxFg2G5r36tS0VMlKiWu3OaGN_q_uSwH3n9eDvT36dbezSYuRTR72jU/s1600/POLPA+MUTTI.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEju1PzGw1yoPm90q55wbuKgbACSNq8b-fAtEZP6lKYrHzMLO9vb_1MaIY1LgqzWjsOCpxERrOmPIxJhFeeVuy_UwxFg2G5r36tS0VMlKiWu3OaGN_q_uSwH3n9eDvT36dbezSYuRTR72jU/s320/POLPA+MUTTI.JPG" width="239" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; mso-margin-bottom-alt: auto; mso-margin-top-alt: auto;">
<br /></div>
<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="color: black; mso-font-kerning: 18.0pt;"></span></b>Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-35558059283177306982013-08-03T13:01:00.002-07:002013-08-03T13:03:00.654-07:00IL BOOM DEI “ WINE KIT “ ED IL MADE IN ITALY SEMPRE PIU’ CORTEGGIATO<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><br />
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">Stasera
chiacchieravo con un signore americano, ingegnere ma con la passione
del vino e grande conoscitore, gli accenno la bufera che qui in Europa
sta dilagando sui " wine kit ", un modo folcloristico di farsi
comodamente da casa un Chianti o un Barolo, ad esempio. La cosa che più
mi ha stupito è che mentre per me, italiana e d<span class="text_exposed_show">ove
il vino ha una lunga tradizione questo rappresenta un vero e proprio
scempio, lui invece non percepiva tale assurdità, raccontandomi anche
che molti suoi amici tutti gli anni acquistano il kit per " produrre "
25-30 bottiglie e segnalandomi un sito dove si possono comprare in tutta
normalità. Recentemente hanno anche aperto uno stabilimento in Svezia
vicino a Goteborg che produce e distribuisce in tutto il continente e
senza essere disturbata oltre 140.000 wine kit all’anno, dai quali si
ottengono circa 4,2 milioni di bottiglie.<br /> L’Italia si sta battendo
ovviamente e ha chiesto all’Unione Europea di fare qualcosa per fermare
l’ignobile business che sta mettendo a rischio con l’inganno l’immagine e
la credibilità dei nostri vini più prestigiosi e amati da sempre.<br />
Immaginiamoci delle persone che assaggiano per la prima volta un Nero
d’Avola o un Amarone fatto comodamente in casa con delle polverine,
questa gente assocerà a quel vino un sapore (sgradevole) che non è
quello del vino originale e autentico. <br /> Sono andata a spulciare uno
di questi siti dove si possono comprare, e la cosa più paradossale è
trovare le istruzioni per l'uso all’interno dei wine-kit. Sono davvero
curiose, dettagliate e si chiudono con dei bizzarri suggerimenti per i
novelli "produttori" come: "conservare il vino in luogo fresco e buio";
"il vino rosso va aperto alcune ore prima di servirlo a temperatura
ambiente, mentre il vino bianco può essere conservato in frigorifero";
"servirlo sempre in bicchieri di vetro per valorizzarlo maggiormente ".<br />
C’è stato un periodo in cui avevamo a che fare con vini stranieri
spacciati per italiani, ma almeno erano vini veri seppur di minor
pregio, invece ora siamo di fronte a prodotti che portano importanti
nomi italiani e non sono neppure vini!</span></span>Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-176336340166365572.post-12199094704809086152013-07-31T15:22:00.001-07:002013-07-31T15:26:25.506-07:00 QUEL COLOSSO DELLA MONSANTO HA CONVINTO ANCHE L’UE, CHE HA DETTO SI’ AL NUOVO BROCCOLO OGM<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]--><br />
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:WordDocument>
<w:View>Normal</w:View>
<w:Zoom>0</w:Zoom>
<w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone>
<w:PunctuationKerning/>
<w:ValidateAgainstSchemas/>
<w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid>
<w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent>
<w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText>
<w:Compatibility>
<w:BreakWrappedTables/>
<w:SnapToGridInCell/>
<w:WrapTextWithPunct/>
<w:UseAsianBreakRules/>
<w:DontGrowAutofit/>
</w:Compatibility>
<w:BrowserLevel>MicrosoftInternetExplorer4</w:BrowserLevel>
</w:WordDocument>
</xml><![endif]-->
<!--[if gte mso 9]><xml>
<w:LatentStyles DefLockedState="false" LatentStyleCount="156">
</w:LatentStyles>
</xml><![endif]--><!--[if !mso]><img src="//img2.blogblog.com/img/video_object.png" style="background-color: #b2b2b2; " class="BLOGGER-object-element tr_noresize tr_placeholder" id="ieooui" data-original-id="ieooui" />
<style>
st1\:*{behavior:url(#ieooui) }
</style>
<![endif]--><span class="notranslate"><span style="mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-font-weight: bold;">L’incubo è
tornato, la Seminis</span>,
una società di proprietà della Monsanto, ha ottenuto lo scorso giugno il
brevetto sulla coltivazione convenzionale di un broccolo denominato EP 1597965.</span>
<span class="notranslate">Naturalmente la decisione </span><span class="usercontent">dell'Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) di concedere al
gigante Monsanto il brevetto per una nuova varietà di broccoli OGM, ha
suscitato critiche tra le numerose organizzazioni </span><span class="textexposedshow">che </span><span class="notranslate">lottano per il divieto
di brevetti sulle sementi convenzionali. Una di queste è la nota <b><i>No
Patents on Seeds</i></b> (<i>No ai Brevetti sui Semi</i>). E’ il solito
problema, questa decisione danneggia gli agricoltori costringendoli ad essere
ancora più dipendenti delle grandi multinazionali.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<a href="http://www.blogger.com/null" name="more"></a><span class="notranslate">Christoph Then, membro del No Patents
on Seeds, ha dichiarato:</span> <span class="notranslate"><i>"Non
permetteremo che il nostro cibo venga monopolizzato".</i></span> <br />
A mio parere o la Monsanto
vorrebbe sostituirsi a Dio o questa è una tipica manifestazione di satana! <span class="notranslate">Bisogna assolutamente vietare i brevetti sui metodi di
coltivazione convenzionale, sviluppare nuove varietà vegetali significa mettere
a rischio la sicurezza alimentare. I </span><span class="px12">parlamentari
europei dovrebbero rivedere la decisione dell’EPO, e anche velocemente.</span></div>
<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfaL406yPV7q-i54LZbuPLxLYxmQ88WeSgKE42luB-CTkpKGGVSI9jntuXa63jsycJ71sYx2Y0l7JEejISAyRjFMbbyQ_uPzB5AJsIZYH6cE1icjI2N8SHYFBdpiScdlcpeQKD5gmvmZc/s1600/1001694_597079270336498_937721479_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="204" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfaL406yPV7q-i54LZbuPLxLYxmQ88WeSgKE42luB-CTkpKGGVSI9jntuXa63jsycJ71sYx2Y0l7JEejISAyRjFMbbyQ_uPzB5AJsIZYH6cE1icjI2N8SHYFBdpiScdlcpeQKD5gmvmZc/s320/1001694_597079270336498_937721479_n.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto dal sito Anti-Monsanto</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
Sara Cordarahttp://www.blogger.com/profile/10447058446285181867noreply@blogger.com0